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Mafia, tutti i numeri del radicamento in Emilia nel dossier di Libera

da | Mar 12, 2015 | Approfondimenti, Ultime news | 0 commenti

Ci sono i numeri sul radicamento delle Mafie in Emilia-Romagna, dalle 5 operazioni anti-droga al giorno (4^ regione in Italia, prima per segnalazioni di traffico di droghe sintetiche) ai 312 fatti estorsivi del 2013, cui associare 399 episodi di danneggiamenti seguiti a incendi, classica minaccia utilizzata dai boss nonché uno dei principali ‘reati spia’ sul tentativo di intimidire per poi mettere le mani su imprese e comparti economici. Fino alla conferma della presenza della ‘ndrangheta: in ambito di riciclaggio, infatti, sulle 161 segnalazioni arrivate alla Direzione nazionale antimafia dal luglio 2012 al giugno 2013 e relative all’organizzazione calabrese, 50 riguardano l’Emilia-Romagna, seconda solo alla Lombardia (55). Ma ci sono anche le “buone prassi da parte delle Istituzioni”, le “nuove leggi contro le presenze mafiose e gli affari delle cosche”, che rappresentano il risultato di “una buona sensibilità politica, l’ottimo frutto di una unione di pratiche positive scaturite da unamobilitazione sociale” che assieme alle Istituzioni vede “i partiti nelle loro varie articolazioni sul territorio, le scuole e Università, le associazioni”. E anche in questo caso i numeri, dal punto di vista dell’impegno per la legalità e del contrasto da parte delle forze dell’ordine, parlano chiaro: l’Emilia-Romagna è la 6^ regione in Italia per numero di beni sequestrati o confiscati alle Mafie, con 448 beni tolti alla criminalità organizzata dall’agosto 2013 al luglio 2014 (4,2% sul totale nazionale), per un valore di 21 milioni di euro. Ma se si considera il solo Nord del Paese, il dato corrisponde al 41% delle operazioni concluse, ben al di sopra di Veneto (273 beni sequestrati, 25% del totale delle regioni settentrionali), Lombardia (192; 17,5%), Piemonte (86; 7,9%) e Liguria (68; 6,2%).

L’Emilia-Romagna si conferma quindi un “Mosaico di mafie e antimafia”, il titolo del Dossier 2014-2015 realizzato dalla Fondazione Libera Informazione e voluto dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna (è scaricabile sul sito dell’Assemblea a questo link). Un lavoro presentato a Bologna, nella sede dell’Assemblea legislativa, dalla presidente Simonetta Saliera, da Santo Della Volpe, giornalista e presidente di Libera Informazione e della Federazione nazionale della stampa italiana (il sindacato dei cronisti), e da Lorenzo Frigerio, anche lui giornalista di Libera Informazione e curatore del Dossier insieme a Della Volpe e Gaetano Liardo. Il volume, giunto al terzo aggiornamento dal primo del 2012, quest’anno ha un sottotitolo legato alla stretta attualità: “Aemilia: un terremoto di nome ‘ndrangheta”. Un capitolo è infatti dedicato all’inchiesta sulle infiltrazioni ‘ndranghetiste che nelle scorse settimane ha visto oltre 160 arresti nelle province emiliane.

MAFIE. DOSSIER ER ‘LIBERA INFORMAZIONE’, I NUMERI / SCHEDA

Il Dossier 2014-2015 sulle mafie in Emilia-Romagna, voluto dall’Assemblea legislativa regionale e realizzato dalla Fondazione Libera Informazione, dedica un intero capitolo ai numeri del radicamento della criminalità organizzata in regione. Numeri relativi alle varie tipologie di reato. Ecco una sintesi dei principali.

Narcotraffico
Quasi cinque operazioni antidroga al giorno, la prima regione per sequestri di eroina in Italia, la quarta regione per denunce di traffici di droga, e la prima per segnalazioni di traffico di droghe sintetiche.

Nel 2013 l’Emilia-Romagna è stata oggetto di 1.840 operazioni antidroga, pari all’8,42% del totale nazionale, che hanno consentito il sequestro di 817 kg di sostanze stupefacenti e la denuncia di 2.718 persone all’autorità giudiziaria. La regione si posiziona al quarto posto per numero di operazioni antidroga, dopo Lombardia, Lazio e Campania, e al quarto posto per il numero di persone segnalate, subito dopo Lombardia, Campania e Sicilia.

È la provincia di Bologna a registrare il maggior numero di operazioni antidroga nel 2013 con 669 interventi, seguita da Ravenna (228) e Modena (181). Una situazione simile a quella del 2012, dove ad aprire la speciale “classifica” è stato sempre il capoluogo regionale, seguito da Ravenna e Rimini.

La provincia dove è stata sequestrata più droga nel 2013 è quella di Bologna (273,71 kg), seguita da quella di Forlì-Cesena (181,32 kg). Sotto le Due Torri è stato sequestrato il maggiore quantitativo di cocaina (quasi la metà del totale regionale) e di hashish e marijuana (121,41 kg). Parma è la prima provincia per sequestro di eroina (100,50 kg), seguita da Forlì-Cesena con quasi 90 kg. Infine, Parma e Rimini si dividono il primato di dosi di droghe sintetiche sequestrate (119), assorbendo la quasi totalità di sequestri dell’intera regione.

Estorsioni e usura
Le estorsioni rappresentano la porta girevole attraverso la quale le organizzazioni mafiose stabiliscono il proprio predominio. Se nelle regioni meridionali il racket è lo strumento utilizzato per imporre il controllo del territorio, nelle regioni centro-settentrionali, e quindi in Emilia-Romagna, servono per infiltrarsi ed infettare l’economia legale.

Nel 2013 sono stati 312 i fatti di reato legati al racket delle estorsioni segnalati dalle forze di polizia. Se si analizza il quinquennio 2009-2013, si registra un numero di reati altalenante che dimostra, tuttavia, un crescendo negli ultimi due anni: 356 fatti di reato, nel 2009, 206 nel 2010, 226 nel 2011, 277 nel 2012. Resta dunque immutato l’interesse dei clan ad infiltrarsi nell’economia legale dell’Emilia-Romagna, utilizzando il cavallo di Troia del racket delle estorsioni.

È Bologna (94) la provincia dove si registra il maggior numero di delitti estorsivi denunciati dalle forze dell’ordine alla magistratura. Tuttavia, non meno preoccupante è il dato delle altre province che, ad eccezion fatta di Piacenza (20) e Ferrara (15), si attestano sulla media di 40 denunce nel 2012.

Un ulteriore elemento di analisi per inquadrare il fenomeno delle estorsioni è quello dei reati spia. Reati non direttamente collegati all’agire mafioso, ma che fungono da cornice intimidatoria. È il caso dei danneggiamenti seguiti da incendio, una delle minacce ‘classiche’ utilizzate dai boss per spingere la vittima a piegarsi ai propri voleri. Nel 2010 si registrarono 343 episodi, saliti a 423 nel 2011, diventati 399 nel 2012: un dato sicuramente preoccupante. A livello provinciale, la maggior parte delle denunce per danneggiamenti seguiti a incendio provengono dalla provincia di Bologna (109), seguita da quella di Reggio Emilia (61). È interessante notare che il numero di denunce delle forze dell’ordine per estorsione (391) è abbastanza simile a quello per danneggiamenti seguiti da incendio (399).

Pur se grandemente inferiori rispetto a quelle per estorsioni, le denunce relative ad attività usuraie in Emilia-Romagna non sono da sottovalutare. Innanzitutto perché, anche a livello nazionale, i numeri sono di gran lunga inferiori. In secondo luogo, nell’arco di 5 anni il numero di fatti di reato è passato dai 17 del 2009 ai 50 del 2013, anno in cui, nel primo semestre, l’Emilia-Romagna è risultata la seconda regione per numero di fatti di reato segnalati, subito dopo la Sicilia (44).

È opportuno riportare l’analisi della Direzione nazionale antimafia sull’importanza dell’usura nelle attività criminali dei clan mafiosi. «I prestiti usurari – si legge nella relazione del 2013 – non vengono mai erogati direttamente dagli appartenenti all’organizzazione, i quali si avvalgono di terze persone, delle quali essi rappresentano di fatto gli effettivi soci finanziatori. In questa logica operativa il modulo operativo che si riscontra nelle vicende ordinarie di usura, ovvero l’appropriazione dei beni della vittima insolvente da parte dell’usuraio si inserisce in una dinamica più ampia che vede l’organizzazione mafiosa arricchirsi e penetrare l’economia legale attraverso una appropriazione non più legata al singolo usuraio, ma rientrante nelle strategie economiche dell’intera organizzazione mafiosa o di tipo mafioso».

Riciclaggio
Il riciclaggio di denaro sporco, frutto di attività illecite, è uno degli strumenti tradizionalmente utilizzati dalle mafie per invadere l’economia sana. Si tratta di un meccanismo estremamente complicato, difficile da individuare se non con accurate indagini finanziarie. Uno degli organismi preposti all’attività antiriciclaggio è l’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, cui vengono trasmesse le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette (Sos), quelle cioè, che possono celare attività di riciclaggio sia dagli operatori finanziari (banche, poste, imprese assicurative, società fiduciarie, etc.), che dai professionisti e gli operatori non finanziari (gestori di sale scommesse, commercianti e fabbricanti di oro e preziosi, etc.).

Nel 2013 in Emilia-Romagna si sono registrate 4.497 operazioni finanziarie sospette, con un decremento del 6,1% rispetto all’anno precedente. Un valore di gran lunga superiore rispetto al dato nazionale, dove il calo di segnalazioni si attesta al meno 3,6%.

L’Emilia-Romagna è comunque la quinta regione per numero di Sos trasmesse nel 2013, incidendo con il 7,7% sul totale nazionale, insieme al Veneto. Valori però distanti da quelli di Lombardia (17,9%), regione al primo posto, Lazio (14,2%) e Campania (11,1%), comunque sufficienti per mantenere alta l’allerta.

In termini di variazioni percentuali assistiamo ad un andamento altalenante tra le diverse province dell’Emilia-Romagna: si registra un incremento percentuale a Bologna (+26,7% rispetto al 2012), Parma (+1,4%) e Piacenza (+6%). Calo invece nelle altre province: si va dal picco di Reggio Emilia (-28,1%), con più di 200 segnalazioni in meno, a quello di Ravenna (-21,4%) e Modena (-19,6%). Più contenute, ma sostanzialmente significative, le variazioni percentuali di Rimini (-13,6%), Ferrara (-13,2%) e Forlì-Cesena (-8,7%).

È interessante, inoltre, l’analisi fatta dalla Direzione nazionale antimafia sulle segnalazioni ad essa pervenute dalla Dia, in totale 334 dal luglio 2012 al giugno 2013: 161 riguardanti la ‘ndrangheta, 95 la camorra e 55 la mafia, per citare le principali organizzazioni. Considerando le 161 che riportano alla ‘ndrangheta, 50 arrivano dall’Emilia-Romagna, dato secondo unicamente a quello della Lombardia (55).

Ecomafie / contraffazioni agroalimentari
Per quanto riguarda la contraffazione e la sofisticazione dei prodotti agro-alimentari, le frodi sui finanziamenti pubblici nazionali ed europei, il lavoro nero e il caporalato, l’abigeato alla macellazione clandestina, l’Emilia-Romagna, terra di produzione d’eccellenza, è particolarmente esposta.

Nel 2013, il solo Corpo forestale dello Stato ha effettuato 512 controlli in tema di sicurezza agroalimentare e agroambientale in Emilia-Romagna, un numero superiore alla media nazionale di 505 che la pone come 8^ regione in Italia, lontana però dai 974 della Calabria e della Sicilia.

Vi sono poi traffico e smaltimento illecito di rifiuti, abusivismo edilizio e infiltrazioni mafiose nel ciclo del cemento, gli appetiti dei boss e le complicità di imprenditori disposti ad avvelenare il territorio pur di risparmiare risorse. Parlando di ecomafie, nel 2013 l’Emilia-Romagna si posiziona all’undicesimo posto nella classifica elaborata da Legambiente, con 837 infrazioni, pari al 2,9% sul totale nazionale. Le forze dell’ordine, inoltre, hanno denunciato 1.129 persone, ne hanno arrestato una, e hanno effettuato 237 sequestri. Dati significativi, che tuttavia registrano una regressione rispetto agli anni precedenti.

Per quel che riguarda le illegalità legate al ciclo dei rifiuti, nel 2013 si registrano 167 infrazioni, pari al 2,9% sul totale nazionale, 212 persone denunciate, un arresto e 68 sequestri.

Con 142 infrazioni accertate, 208 persone denunciate e 39 sequestri effettuati, l’Emilia-Romagna si posiziona al 15^ posto nella classifica stilata da Legambiente in merito alle infrazioni accertate nel ciclo del cemento.

Sono 9.526 i lavoratori irregolari individuati nel corso delle attività ispettive delle Direzioni territoriali del lavoro in Emilia-Romagna. Su più di 11.000 ispezioni effettuate, nel 44% dei casi sono stati riscontrati illeciti. Il settore dove è stato riscontrato il maggior numero di irregolarità è quello del terziario (quasi 3.000 illeciti, e 6.500 lavoratori irregolari), seguito da quello dell’edilizia (con quasi 1.500 illeciti e 1.200 lavoratori irregolari). Nel corso dell’attività ispettiva, inoltre, è stata accertata l’evasione di oltre 38 milioni di euro di imponibile (la maggior parte del quale nel settore terziario), e sono state somministrate sanzioni superiori a 6 milioni e 700 mila euro.

Beni sequestrati e confiscati
La risposta dello Stato all’aggressione delle cosche avviene anche con il sequestro e la confisca dei beni ai mafiosi, strumenti importanti ma spesso di difficile attuazione. L’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati “sembra essere bloccata”, scrivono gli autori di Libera Informazione, e anche gli ultimi dati statistici presentati dall’Agenzia sono fermi al 7 gennaio 2013, relativi quindi al 2012.

Più aggiornata la situazione dei dati forniti dal ministero dell’Interno nella relazione sulle attività svolte. L’ultimo report disponibile, presentato il 15 agosto del 2014, relativo al periodo 1^ agosto 2013 – 31 luglio 2014, mostra come l’Emilia-Romagna sia la 6^ regione italiana per numero di sequestri effettuati dalle forze dell’ordine, con un valore pari al 4,2% del totale nazionale: 448 beni sequestrati per un valore di 21 milioni (prima è la Sicilia con 2.892 beni sequestrati, 26,8% sul valore nazionale, per 1.542 milioni di valore dei sequestri fatti, poi Campania, Calabria, Lazio e Puglia).

L’Emilia-Romagna è la prima regione del nord Italia per sequestri effettuati ai boss: i 448 beni sequestrati rappresentano il 41% del valore dell’Italia settentrionale. Confrontando il dato emiliano-romagnolo con quello delle altre regioni del Nord, si vede come siano lontani Veneto (273 beni sequestrati, 25%), Lombardia (192; 17,5%), Piemonte (86; 7,9%) e Liguria (68; 6,2%).

Dunque, nel nord Italia il 41% del totale dei sequestri effettuati alle cosche – nel periodo analizzato – è avvenuto in Emilia-Romagna. Un dato di per sé particolarmente significativo sulla centralità assunta dalla regione nelle strategie affaristiche delle mafie, e nelle azioni di contrasto ai patrimoni mafiosi da parte delle forze dell’ordine.

 

 

“L’inchiesta Aemilia- sostiene Santo Della Volpe– è stata come un brusco risveglio ma ci ha fatto pensare a quel ‘Mosaico di mafie ed antimafia’ che da ormai tre anni proponiamo all’attenzione dei cittadini, delle Istituzioni e delle associazioni dell’Emilia-Romagna. L’ultimo Dossier, quello del 2013, non a caso era titolato “L’altra ‘ndrangheta in Emilia-Romagna”, e vi segnalavamo, con allarme, le penetrazione delle famiglie dei clan che dalla Calabria si erano insediati in Emilia-Romagna, i loro affari, le loro complicità. Ciò che registriamo ora è un consolidamento di presenze nei settori più tradizionali della criminalità organizzata e un avanzamento in settori economici nuovi e importanti; contemporaneamente, le risposte politiche e sociali si sono aggiornate, hanno assunto forza sia in campo istituzionale che culturale, ad esempio nelle scuole e nelle iniziative che hanno coinvolto professionisti e mondo del lavoro. È un percorso quanto mai importante e necessario nella formazione delle coscienze antimafia tra i giovani e nel mondo del lavoro: ma dalla denuncia e dagli incontri pubblici- chiude il presidente di Libera Informazione- deve conseguentemente emergere uno scatto in avanti della risposta collettiva contro le Mafie”.

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