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Scene da botturismo a prescindere

da | Giu 22, 2016 | Editoriale | 0 commenti

di Andrea Lodi (*)

Ebbene sì. E’ nata una nuova corrente artistico-culinaria: il botturismo.

Dopo la consacrazione dell’apprezzato Massimo Bottura all’olimpo della cucina mondiale, con la prima posizione a “The World’s 50 Best Restaurants Awards 2016” di New York, sui vari social network si è scatenato un fenomeno mediatico del pro e contro Bottura. D’altronde noi italiani siamo fatti così. Abbiamo difficoltà ad accettare che esistano persone che abbiano un modo di pensare diverso dal nostro. Non la pensi come me? Allora non capisci niente.

Un provincialismo che al confronto Totò e Peppino a Milano, passerebbero come due uomini di mondo.

Sommato poi ad un approccio reverenziale verso tutto ciò che va al di là del nostro piccolo e limitato mondo, si arriva facilmente al paradosso.

La Francescana” di Bottura viene eletta come il miglior ristorante del mondo? Ecco nascere all’istante un esercito di esperti in materia che difendono a spada tratta tutto ciò che, anche solo all’apparenza, potrebbe risultare dannoso per il prestigioso chef, il quale, dall’alto della sua arte e consapevolezza, ovviamente se ne frega. Il botturismo, infatti, come ogni fenomeno analogo, nasce a prescindere dalla volontà del soggetto a cui è rivolto. Ho letto diversi articoli ed interventi di giornalisti più o meno famosi, pubblicati anche su quotidiani “blasonati”, ergersi a strenui difensori di cotale eccellenza (che poi non si capisce da chi o cosa debbano difenderla), arrivando addirittura a rinnegare secoli di tradizione culinaria emiliana: un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo e che fa della nostra Regione “la cucina del pianeta”.

In Emilia Romagna, così come in tutta la penisola, isole comprese, il cibo, la cucina, si è fatta arte da secoli addietro. Fenomeno determinato dal riconoscere il momento del pasto come un atto sacro, dedicato non soltanto all’assimilazione di sostanze necessarie al nostro sostentamento, come si limitano a fare da secoli, ad esempio, nella vicina Germania, ma dedicato all’appagamento del senso del gusto. Una carezza da condividere con amici e familiari. Un modo per volersi bene. Mangiare come pregare. Piatti per lo più semplici, a volte anche complicati, che mettono insieme sapori diversi e che danno come risultato una sensazione di estremo piacere.

Questo non l’ha inventato Bottura. Questa capacità, questa arte, nasce nelle cucine delle nostre “rezdore”, per poi spostarsi nelle cucine delle osterie, delle trattorie dove con pochi euro riesci a fare una gradevole esperienza gustativa. Bottura ne ha fatto un’eccellenza, una particolarità, un cammino lungo vent’anni, che non si sostituisce all’arte, nemmeno minore, delle nostre osterie con le tovaglie a quadri rossi e bianchi e con la caraffa di Lambrusco perennemente presente sul tavolo.

Bottura è senz’altro un vanto per Modena, per il nostro Paese, ma non dobbiamo sentirci figli di un dio minore perché preferiamo la trattoria vicino casa che con pochi euro elargisce piacevoli serate ai propri commensali. Trecento euro per un’esperienza mistico-gustativa personalmente non li spendo. Il budget, per sua definizione, è limitato, per cui preferisco destinarli ad altre esperienze, ma comprendo benissimo coloro che attendono mesi per potersi fare servire una cena dal grande chef. E’ una questione di scelte. In conclusione: si a Bottura, no al botturismo.

(*) Andrea Lodi, vive a San Prospero (MO), è aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Giornalista economico, da gennaio 2009 cura “Economix“, la rubrica economica di PiacenzaSera.it; da settembre 2014 collabora con SulPanaro.net.

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