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Carlo Piccinno, memorie di un sanfeliciano che sfidò Massa e Raikkonen

da | Mar 25, 2017 | In Primo Piano, Curiosità, San Felice sul Panaro, Sport e Motori, Personaggi | 0 commenti

Domenica mattina, con semaforo verde alle 8 (diretta Sky Sport F1, differita alle 14 su Rai 1), scatta il Mondiale di Formula 1 2017, senza il campione del mondo uscente, Nico Rosberg, con Lewis Hamilton su Mercedes teorico favorito, una Ferrari ambiziosa ma ancora tutta da decifrare e un pilota italiano (il pugliese Giovinazzi) finalmente in pista, in extremis sulla Sauber, dopo cinque anni di assenza di un nostro rappresentante. Anche dalle nostre parti, terra di motori ed appassionati, c’è attesa, e SulPanaro.net questa attesa ha deciso di ingannarla attraverso i ricordi di un ragazzo della Bassa che alcuni piloti ancora oggi in pista li ha sfidati davvero: Carlo Piccinno, sanfeliciano classe 1978, ora si dedica a tutt’altro – è stato anche il direttore artistico della webtv C-100 – ma quindici anni fa abbondanti guidava una monoposto gareggiando con gente come Felipe Massa e Kimi Raikkonen e aveva un sogno, quello di ripercorrere le orme di un altro pilota figlio della Bassa che in Formula 1 ci arrivò sul serio, Stefano Modena.
 

Carlo Piccinno in Formula Renault 2000

Carlo, tutto era partito, alle scuole medie, da una vespa bianca. Più o meno…

«In realtà quella Vespa ha avuto vari passaggi di colore, da blu al grigio topo. Pochi anni dopo mi sono trovato a correre, in verità in modo piuttosto fortuito, Era il 1997 e conobbi il proprietario della Bicar Racing, un certo Giorgio Carini, il quale mi invitò un paio di volte a visionare dei test invernali. Poi un giorno mi offrì di fare un po’ di giri sulla sua monoposto di Formula Renault 2000. Mi ricordo ancora le sue parole: “Mi raccomando vai piano e non rompere la macchina…”. Chiaramente era come dare una Ferrari ad un neopatentato».
 
Come andò?
«Non penso di essere mai più andato così veloce! Scesi dalla monoposto dopo 3 giri e scoprii che ero andato ad appena 7 decimi dal loro miglior pilota. Da lì chiaramente non si poteva più tornare indietro: mi venne offerto di fare il loro tester per due stagioni, nel 1998 e 1999, poi nel 2000 conobbi Lamberto Cumoli della LT Motorsport; ci piacemmo subito e il passaggio al suo team fu obbligato, divenni il loro secondo pilota. Molti ti dicono che devi fare gavetta, in realtà devi essere al posto giusto nel momento giusto e devi dimostrare di avere il piede pesante».

A quali campionati hai partecipato? Quale il risultato migliore?
«Ho partecipato dal 2000 al 2002 in due categorie differenti contemporaneamente. La prima era la Formula Renault 2000, e i migliori risultati in gara sono stati tre primi posti nel 2001, quando finì lo strapotere di Massa, e il terzo posto nel campionato Italiano generale. La seconda era la Formula Arcobaleno (monoposto meno evolute, ma più divertenti), e i migliori risultati in gara sono stati cinque primi posti e il titolo di vicecampione di trofeo nel 2001, con la vittoria del trofeo andata al mio compagno di team».

Carlo sulla sua monoposto in Formula Arcobaleno

Chi ti ha supportato?

«Bella domanda. In Italia se non giochi a calcio è difficile farti supportare, e lo era soprattutto allora quando non c’erano nemmeno i social network a darti visibilità, la carta stampata non ti filava e allo sponsor mandavi tre foto che col tempo si sbiadivano. Io ho avuto sempre problemi di budget, gli sponsor erano pochi e i costi elevati. Di sicuro il mio grazie va a quel grande uomo che era Lamberto Cumoli, che ci lasciò improvvisamente a fine 2001: probabilmente con lui al mio fianco non avrei interrotto la carriera. Poi un altro grazie va alle piccole e medie industrie del comparto modenese alle cui porte siamo andati a bussare a quel tempo».

Quando e perché, di fatto, chiudi con le corse?
«Chiudo con le corse nel 2002 per diatribe con il team di Formula Arcobaleno che avevo scelto dopo la morte di Cumoli e per il quale correvo. Chiusi perché senza Cumoli e il suo team non mi sentivo più a casa, chiusi perché se sei un pilota Italiano le porte le trovi sempre chiuse e perché avevo perso la voglia di vincere; queste sono le reali motivazioni».
 
Hai smesso completamente?
«In realtà un pilota non chiude mai, perché pilota ci nasci non ci diventi e quel fuoco arde sempre. Allora circa dieci anni dopo mi riavvicinai a quel mondo, prima con gare tra amici sui kart, poi con alcuni test a Imola per scuderie private del campionato GT, qualche prova con alcune Supercar ed esibizioni in fiera con il simulatore che viene utilizzato dai team di Formula 1. Il sogno nel cassetto è quello di trovare i fondi per mettere in piedi un team tutto mio, ma in Italia e con la crisi attuale penso che quel cassetto rimarrà chiuso a chiave».

Correre è uno sport costoso, a maggior ragione oggi. A prescindere dal talento, sino a dove si può arrivare con disponibilità economiche, diciamo così, “umane”?
«Come dicevo prima, pilota ci nasci, non ci diventi, o quasi… I vari Hamilton, Verstappen, Vettel, Alonso, Senna, Prost, Schumacher, Fangio, Massa, Raikkonen, sono nati piloti, lo hanno nel dna, hanno quei decimi che servono per migliorare la monoposto. Alcuni sono campioni, ma il motorsport non è una disciplina che richiede particolari doti atletiche: se hai la disponibilità economica e rimani in auto più degli altri avrai un buon 80% di possibilità di vincere il campionato, questo vale per le formule propedeutiche. Per Gp2, Gp3 e Formula 1 avere più soldi non ti porterà a vincere il campionato, perché in queste categorie devi essere nato pilota per vincere, ma ti consente comunque di gareggiare, magari togliendo il sedile a qualcuno più talentuoso, ma con meno budget».
 

Carlo in Formula Arcobaleno

Nel tuo elenco non hai inserito Rosberg.

«Esatto. Pur rispettando Nico, non lo reputo un campione, in quanto la sua vittoria del mondiale è più legata ad eventi fortuiti e il suo ritiro lo dimostra. Nel 2017 non avrebbe potuto difendere il titolo contro un Hamilton o un Vettel assetati di campionati e quindi ha deciso di fare la cosa migliore per uscirne da vincente, lasciare da campione».
 
Tornando al tuo passato in pista, alcuni avversari di allora poi in Formula 1 ci sono finiti davvero.

«Ricordo Raikkonen, che affrontai in una tappa del Formula Renault Europa a Monza: prendemmo tutti una stracciata memorabile, tanto che vinse il campionato europeo con tre gare di anticipo. Poi Ryan Briscoe, che attualmente corre in Formula Indy. Ma quello di cui ho più ricordi e a cui sono più legato è Felipe Massa, da cui ho preso delle stracciate indescrivibili».


Raccontacele, allora.
«Partiamo dall’inizio: la prima volta che lo vidi, eravamo sul circuito di Varano de’ Melegari e lui non aveva nemmeno la patente, mi dissero: “Vedi quel piccolo brasiliano? E’ cattivo in pista e un giorno sarà in Formula 1”, e io pensai: “Perché lui si e io no?”. Semplice: perché lui era un predestinato e perché aveva il piede pesante. Ricordo anche il primo litigio: qualifiche di Misano, io – diciamolo pure – mi ero un po’ rotto le palle di vederlo sempre in pole position e decisi di fare da tappo; sbagliai la frenata rallentando un po’ troppo e la conseguenza fu un bel tamponamento. Litigammo nei box, partimmo il giorno dopo entrambi in ultima fila: lui vinse doppiando tutti e il sottoscritto venne doppiato con tanto di dito medio!». 
 

Oggi, al simulatore. Con meno rischi…

Un bel carattere il timido Massa…

«Per dirla tutta di lui ricordo l’essere sempre umile, aveva una battuta e un sorriso per tutti, era sempre disponibile e pronto a chiederti consigli, anche se in realtà eravamo tutti noi a dover chiederli a lui. Lo incontrai di nuovo alcuni anni dopo a Maranello durante un evento Ferrari, lui pilota della Ferrari e io pilota di una Smart Diesel, mi riconobbe e scambiammo due chiacchiere; in realtà era lo stesso ragazzino senza patente che vidi quella mattina a Varano. Felipe è il pilota che il Brasile aspettava dopo Senna: non lo amano per le vittorie, ma lo amano perché ha lo stesso cuore grande che aveva Ayrton per il suo popolo. Ora grazie ai social abbiamo riattivato i contatti, anche se sento più facilmente suo fratello Dudù».

Appunto, Massa. Il suo ritiro è durato, di fatto, pochi giorni. Te lo saresti aspettato?
«Il suo era un ritiro dalla Formula 1, non dal mondo delle corse: so per certo che dopo un anno sabbatico avrebbe preso parte ad un qualche campionato GT sudamericano. Mi aspettavo la richiamata da parte della Williams nel momento in cui si vociferava del passaggio di Bottas alla Mercedes, in quanto ormai il mercato piloti era chiuso e un team come la Williams non poteva permettersi due rookie. Non penso potrà fare grandi cose quest’anno, ormai la Williams non è più un top team come in passato, comunque sono felice di rivederlo in pista».

Carlo Piccinno

Come vedi il Mondiale di F1 2017? E la Ferrari?

«Lo vedo purtroppo su Sky e invece vorrei vederlo sulle tv libere: un aspetto che non aiuta questo sport… Scherzi a parte, penso che siano le solite tre squadre a giocarsi il Mondiale: Mercedes, Ferrari e Red Bull, quest’ultima però più in difficoltà. La Mercedes ha in Hamilton la sua punta di diamante, penso che Bottas non sarà nemmeno uno scudiero così difficile da battere e quindi ecco che potrebbe esserci l’incognita Vettel, in quanto la Ferrari non ha ancora fatto vedere tutto il suo potenziale e mi auguro che sia la vera sorpresa. Per il resto vorrei rivedere Alonso tra i primi cinque, ma penso che anche per quest’anno rimarrà una chimera…».
 

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