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Omicidio di Finale. “Restiamo umani”: l’appello dei familiari di Mirella Ansaloni

da | Ott 28, 2017 | In Primo Piano, Finale Emilia | 0 commenti

“Restiamo umani”: inizia così l’appello dei familiari di Mirella Ansaloni, la 79enne ammazzata a Finale Emilia, secondo le ipotesi di accusa, da tre ragazzi di origine marocchina – uno ex vicino di casa – per un pugno di euro e due collanine d’oro. Un delitto terribile contro una donna inerme, che ha sconvolto tutto il paese. Prima di parlare, i familiari della signora hanno aspettato che il gip convalidasse il fermo di Ayoub Lamsid, 19 anni,  Hamza Driouch, 19 anni e di Samir Rida, 21 anni, avvenuto venerdì 27 dopo che da lunedì i ragazzi sono stati portatiin carcere dai Carabinieri. 

I militari hanno ricostruito con una accurata indagine quel che sarebbe accaduto il 18 settembre scorso nell’appartamento di via Orazio Vecchi in cui viveva la pensionata. 

Il gip ha ritenuto supportate da sufficienti prove per reggere il processo le ipotesi messe in fila dalla Procura di Modena. Gli indizi nei confronti dei tre della banda sono pesanti, e due di loro hanno già confessato la presenza sulla scena del crimine. Per questo i tre saranno processati – il rito si deciderà successivamente su richiesta della difesa dei tre – e nel frattempo secondo il giudice è bene che stiano in carcere e non tornino a casa. 

E ora, perla prima volta, parlano i familiari di Mirella Ansaloni. Lo hanno fatto via Facebook, con un lungo post  che ha commosso tante persone. Invitano ad abbassare i toni e a moderare le inutili polemiche a sfondo razzista, spiegano di non credere agli accusati che parlano di rapina finita male, confidano di avere fiducia nella giustizia e che i colpevoli avranno una punizione adeguata.

RESTIAMO UMANI
Ogni tentativo di tutelare la nostra incolumità è vano di fronte al viso di un ragazzo che abbiamo visto crescere, che conosciamo da anni, che bussa alla nostra porta per chiederci un favore. Gli apriamo, perché di lui ci fidiamo, perché non è mai stata una minaccia, per noi. Nessun sospetto, nessun segnale che potesse far intuire le reali intenzioni dietro quella richiesta. Siamo tutti disarmati di fronte ad un essere umano che improvvisamente diventa un assassino, che trasforma un oggetto presente in tutte le nostre case in un’ arma letale.
Scaviamo nella storia personale dell’ assassino, proviamo a cercare un’ origine, una causa, la radice di quella trasformazione. Perché se la trovassimo, quella radice, potremmo allora strapparla, ed evitare che un essere umano diventi un assassino.
Qualcuno accusa la famiglia che non ha saputo educare, qualcuno accusa la società che non ha saputo includere, altri accusano intere etnie o gruppi religiosi. Ma la storia ci consegna assassini che appartengono a tutte queste categorie, altri che appartengono solo ad alcune di esse, altri ancora che non appartengono a nessuna di esse.

Gli assassini appartengono ad una sola categoria: quella degli assassini. E forse dobbiamo accettare il fatto che esistono individui per i quali la vita umana non ha alcun valore. Gli assassini meritano di essere giudicati e puniti secondo ciò che prevede la legge. Nulla di più e nulla di meno. E’ la base del nostro sistema giuridico, il pilastro che ci rende una società equa e civile.

Spero che tutti noi siamo in grado di pensare allo straniero come si pensa ad un qualsiasi altro essere umano, per il quale non ci si debba ne’ prodigare in modo particolare, ne’ difendere a priori.

La vicenda che ha visto mia cognata Mirella Ansaloni vittima di omicidio per mano di tre giovani ragazzi di origine marocchina è nelle mani degli inquirenti e dei giudici e saranno loro a stabilire la sequenza dei fatti e le responsabilità di ciascuno.

Nella piena consapevolezza che in Tribunale è vero solo cio’ che è dimostrato, la mia personale opinione è che la linea difensiva basata sulla rapina finita male sia inverosimile. Perché se ti presenti a volto scoperto ad una anziana che ti conosce da anni, con l’ intento di compiere un furto, o sei un perfetto idiota, oppure hai valutato e accettato il rischio di dover commettere un omicidio per non essere identificato e denunciato. Ma è solo la mia opinione, appunto.
Ho fiducia nel sistema giudiziario italiano e credo fermamente che sarà fatto tutto il possibile per scoprire la verità e che i responsabili saranno puniti in modo adeguato. So che la pena non si deve limitare alle misure coercitive, ma deve praticare anche il percorso per la riabilitazione dei soggetti colpevoli. Sono convinta della necessità di questo, soprattutto se i colpevoli sono particolarmente giovani, seppure maggiorenni e perseguibili come tali.

Ringrazio tutti coloro che, di persona o sulle pagine dei social, hanno espresso vicinanza e solidarieta’ alla famiglia di Mirella Ansaloni.
Invito tutti a soppesare con attenzione le parole dette e scritte, perché questa tragica vicenda non diventi occasione per accrescere l’ odio e dividere la comunità. Non è di questo che abbiamo bisogno.

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