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Chiedono e offrono denaro con modi inquietanti, ecco cosa è la mafia nella Bassa

da | Ago 27, 2018 | In Primo Piano, In primo piano, In primo piano, Cronaca | 0 commenti

Chiedono e offrono denaro con modi inquietanti, ecco cosa è la mafia nella Bassa. Mentre a Reggio Emilia è alle ultime battute il maxi processo Aemilia sulle infiltrazioni mafiose nelle ricostruzione che sta ricostruendo gli appetiti della mafia verso gli appalti post sisma, in redazione arriva la lettera di un artigaino ed ex politico di uno dei paesi della Bassa che  -chiedendo di mantere l’anonimato – racconta un paio di piccoli ma signficativi episodi. E denuncia il modo in cui vengono accolte certe strane e arroganti richieste, lanciando infine un appello a non avere paura e denunciare.

Sono un artigiano della Bassa modenese. Sto partecipando dalla scorsa primavera a tutti gli incontri qui in zona che informano sulla mafia in Emilia. Mi ha colpito il modo della mafia di entrare nel nostro tessuto emiliano “coi colletti bianchi”.
Mi ha colpito la facilità con cui la mafia è entrata in Emilia, che non ha reagito, non perché gli anticorpi non hanno funzionato, ma perché “gli anticorpi non li aveva proprio”. Mi ha colpito riconoscere l’aiuto in questa infiltrazione, sia inconsapevole sia interessato, di tanti professionisti locali.

Mi ha colpito l’invito a parlare, a non avere paura a raccontare anche il più piccolo episodio, ed è per questo che racconto che nel 2011, mentre ero consigliere comunale, un esponente di una ditta edile mi venne ad offrire dei soldi per la Parrocchia, perché aveva sentito leggere in chiesa un avviso di necessità. “Hanno bisogno di volontari”, gli risposi, “non di soldi”.
Perché offrire dei soldi non richiesti? Forse per entrare nelle grazie della Parrocchia? Perché offrirli a me? Perché ero in Consiglio Comunale? Sono contento di non aver accettato quei soldi facili, anche se erano per la Parrocchia. Sono però pentito di non averlo finora raccontato a nessuno.
Qualche tempo dopo lo stesso esponente venne in laboratorio da me con un fare inquietante a chiedermi dei soldi in nero per dei lavori di ricostruzione post terremoto su una casa di un mio familiare, lavori che non erano ancora stati ultimati. Non ho pagato e non ho parlato. Il mio familiare poi è stato portato in tribunale. Ha perso, è chiaro, con le squadre di professionisti che si ritrovano: ha dovuto pagare, ma non ha ancora la casa finita. Sono contento di non aver pagato, ma di nuovo sono pentito di non aver parlato, con nessuno, nemmeno coi miei familiari.

Perché hanno chiesto soldi proprio a me che non ero il proprietario della casa? Forse perché sapevano che non avrei parlato. Ero dunque l’anello debole della catena.
Ecco che cosa vuol dire “il cane non ha abbaiato”. Significa non parlare, lasciar perdere, sotterrare i leciti dubbi e la non voglia di approfondire alla luce di un “quieto vivere”.
Di queste imprese così ce ne sarebbero tante, sono imprese pulite, nel senso che sono nella white list, ma chiedono soldi in più per lavori non fatti o non concordati con un fare intimidatorio tra il legale e il non legale, con cui la gente, per non avviare cause, per paura, per vergogna o per la fretta di rientrare nelle proprie case, paga. Paga e tace, perché qui, nella ricca Bassa, tutti hanno 10.000 euro in più. Ed è così che la mafia entra e rovina il nostro tessuto sociale.
Il consiglio, dunque, è quello di parlare, sempre, di non avere paura, e di non associarsi a nessun evento, anche se benefico, che presenti anche un minimo lecito dubbio.

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