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Coronavirus, AUSL Ferrara: sotto quella maschera chi c’è?

da | Apr 27, 2020 | Mirandola, Finale Emilia, Altri Comuni, Sanità | 0 commenti

FERRARA – Attaccare le proprie fotografie alle tute per permettere ai pazienti di vedere che aspetto avrebbero, senza le mascherine, per vedere il volto di chi li cura. Questo il sistema semplice per farsi riconoscere adottato da medici, infermieri, OSS e autisti della UO di Medicina d’Urgenza della AUSL di Ferrara

La necessità di indossare i dispositivi individuali di sicurezza da parte del personale sanitario e la conseguente, inevitabile difficoltà a riconoscerne i caratteri somatici e la qualifica professionale da parte dei pazienti a loro volta costretti ad indossare le mascherine chirurgiche, non ha fermato lo spirito di vicinanza che caratterizza tuti gli operatori sanitari, in particolare chi lavora nei servizi di emergenza, inducendoli ad escogitare questa simpatica soluzione.

L’umanizzazione delle cure è l’attenzione alla persona nella sua totalità, fatta di bisogni organici, psicologici e relazionali è, in epoca COVID, tema di grande attualità. Porre il malato al centro della cura, significa segnare il passaggio da una concezione del malato come mero portatore di una patologia ad una come persona con i suoi sentimenti, le sue conoscenze, le sue credenze rispetto al proprio stato di salute.

Al processo di umanizzazione contribuiscono tutti gli operatori che a diverso titolo, con il lavoro di ogni giorno, cooperano a definire l’identità dell’ospedale.

Le acquisizioni in campo tecnologico e scientifico che permettono oggi di trattare anche patologie una volta incurabili, non possono essere disgiunte nella quotidianità della pratica clinica dalla necessaria consapevolezza dell’importanza degli aspetti relazionali e psicologici dell’assistenza.

Sono numerosi e diversificati i progetti di umanizzazione sostenuti dalla Direzione Generale dell’AUSL Ferrara volti ad indagare le problematiche relative alla presa in carico e all’assistenza del malato e della sua famiglia, con un focus dedicato alle fasce più deboli della popolazione.

Ad alcune tipologie di pazienti, considerati fragili (anziani, bambini, famiglie con disagio, vittime di violenza),  in questo periodo, per i pazienti ritenuti sospetti o Covid positivi, si è aggiunta anche la difficoltà a riconoscere il volto di chi presta loro assistenza e questo piccolo  pensiero vuole dare un contributo al rafforzamento della prospettiva etica che consente di dare maggiore consapevolezza dell’orizzonte valoriale a cui vuole tendere l’agire degli operatori sanitari, supportando le scelte cliniche ed organizzative attraverso la cultura dei valori e il riferimento alla grande tradizione morale delle professioni di aiuto.

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