di Andrea Lodi
“Combattenti di terra, di mare, dell’aria. Camicie nere della rivoluzione e delle legioni. Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del Regno d’Albania. Ascoltate! Un’ora, segnata dal destino, batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia”.
Così iniziò il suo discorso Benito Mussolini, il 10 giugno del 1940, rivolgendosi agli Italiani, nella dichiarazione di guerra contro Francia e Gran Bretagna. Un discorso che segnò il destino degli abitanti dell’intero pianeta. Un discorso che soffiò sul fuoco del secondo conflitto mondiale. Eravamo in guerra.
E’ il 16 marzo del 2020, noi italiani ci stiamo accorgendo che un nemico, infinitamente piccolo ma subdolo, sta minacciando la nostra salute. Si chiama Covid19 e sta mietendo molte vittime. Con qualche giorno di ritardo l’intero pianeta si renderà conto della gravità della situazione. E’ pandemia.
“Bisogna evitare in tutti i modi gli spostamenti non assolutamente necessari. È il momento dei sacrifici, delle scelte responsabili. Fin dall’inizio ho lavorato con spirito di unità, mettendo la salute al centro … Stiamo affrontando un’emergenza mai conosciuta dal dopoguerra a oggi. La stragrande maggioranza degli italiani è consapevole che le regole servono a proteggere i nostri cari”.
Così si esprime Giuseppe Conte, il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri, e continua: “Certamente non possiamo più permetterci errori comportamentali. Vanno assolutamente evitati gli spostamenti. I servizi essenziali vanno garantiti. Se i supermercati, le farmacie, gli ospedali continuano a essere riforniti è perché alle spalle c’è una filiera industriale che lavora, con grande senso di responsabilità, affinché il Paese non si fermi”.
E’ un bollettino di guerra. Perché di guerra si tratta.
Conte fa riferimento alle nostre industrie che, a parte quelle costrette ad una serrata forzata, continuano a lavorare in condizioni di emergenza, per garantire agli Italiani la fornitura di beni e servizi essenziali.
Come accadde nel 1940 molte industrie italiane si sono messe a disposizione del Governo, non per aiutare la macchina bellica a rifornirsi di strumenti di morte, come accadde allora, ma a rifornire il nostro sistema sanitario di strumenti per garantire la vita. Siamo in guerra, ma è una guerra diversa.
Riconversione industriale
Molte sono le aziende italiane che hanno deciso di riconvertire le proprie produzioni nella realizzazione di dispositivi per la protezione e la prevenzione del contagio: mascherine, camici, guanti, calze e occhiali a uso sanitario, ma anche respiratori polmonari e gel disinfettanti.
Molti i big della moda, tra i quali Gucci, Prada, Calzedonia e Armani che hanno messo a disposizione intere linee produttive per la produzione di camici e mascherine. Stiamo parlando di oltre 3 milioni di mascherine e qualche centinaio di migliaia di camici destinati alle strutture sanitarie che ne hanno fatto richiesta.
I colossi del settore auto Fca e Ferrari hanno messo i loro impianti emiliani e i loro dipendenti a disposizione della Siare Engineering di Crespellano, nel bolognese, per la produzione della componentistica e l’assemblaggio di nuovi respiratori polmonari necessari per i pazienti nelle terapie intensive.
Nel settore della cosmesi, aziende come “Bulgari”, “L’Erbolario” e “Davines” hanno avviato la produzione di gel igienizzanti.
Il distretto industriale del biomedicale di Mirandola
Il distretto del biomedicale di Mirandola si trova in prima linea in questi giorni nella lotta al Covid19. Le aziende del settore sono impegnate su vari fronti, molte delle quali impegnate a produrre e escogitare soluzioni per aiutare gli ospedali ad avere i dispositivi necessari per proteggere pazienti e sanitari. Non si tratta soltanto dei grandi Gruppi Industriali. Anche i piccoli fanno la loro parte.
E’ il caso della Dimar di Medolla, azienda specializzata nella produzione di “caschi” per la ventilazione non invasiva, utilizzati nel trattamento delle insufficienze respiratorie col vantaggio di evitare l’intubazione.
La Intersurgical di Mirandola è l’azienda che ha realizzato il circuito in grado di collegare un solo respiratore per fornire ossigeno a due pazienti, anziché a uno solo. Circuito ideato dal prof. Marco Ranieri dell’Università di Bologna – Ospedale Sant’Orsola, insieme a colleghi lombardi.
La Valmatic di San Prospero, azienda specializzata nella progettazione e costruzione di linee termoformatrici-riempitrici per la produzione di contenitori monodose e supposte e nella produzione di contenitori monodose per conto terzi, in collaborazione con altre due imprese, ha appena lanciato il “Sanykit”, un kit a due step costituto da una fialetta monodose contenente gel igienizzante ed una contenente crema mani. “La nostra tecnologia del monodose combina un packaging pulito a uso singolo con le ridotte dimensioni per un dosaggio controllato, comodo per il trasporto anche in tasca o in borsetta, pratico per ogni occasione”, afferma Luca Levratti, socio e Quality Manager della società.
La Tecnoline di Concordia sulla Secchia, specializzata nella produzione di sacche per la dialisi e di dispositivi per la raccolta del sangue, ha riconvertito la sua produzione per produrre mascherine protettive.
Quattro casi, quattro realtà imprenditoriali di piccole dimensioni, che nel momento del bisogno, sanno fare la differenza,
Non solo biomedicale
Non solo i grandi gruppi industriali, dunque, si sono dati da fare per dare una mano al contrasto al virus. Anche molte piccole realtà imprenditoriali, a quanto pare, stanno dando il loro contributo.
La “Daerg Chimica” di Mezzano Inferiore, azienda del parmense specializzata in prodotti detergenti per l’automotive, ha pensato di dare il suo contributo alla lotta al virus, realizzando una linea di prodotti completamente dedicata alla detersione e all’igienizzazione delle superfici dure e dei pavimenti. Prodotti già disponibili sul mercato che sono stati sottoposti ai test per la valutazione dell’attività virucida e dell’attività disinfettante.
Massimo Temporelli, con la sua “TheFabLab” di Brescia, ha messo in produzione valvole salvavita per la terapia intensiva utilizzando stampanti in 3D.
“In un ospedale di Brescia le valvole per uno strumento di rianimazione stavano finendo e il fornitore non poteva fornirgliele in tempi brevi. Sarebbe stato un danno incredibile, alcune persone forse avrebbero perso la vita. Dopo mille telefonate un’azienda della zona ha portato una stampante 3d direttamente in ospedale e in poche ore ha ridisegnato e poi prodotto il pezzo mancante”, afferma Temporelli.
Open source mask, è una piattaforma online da cui poter liberamente scaricare file di prototipi di mascherine per stampanti 3D domestiche.
Paolo Giacobazzi, titolare dell’azienda “Stilo Grafica” di Baggiovara, nel modenese, assieme a due partner ha messo a punto un prototipo di “saturimetro” realizzato con sensori di nuova generazione e integrato con un sistema di monitoraggio a remoto, che può essere utilizzato per avere una indicazione di peggioramento delle condizioni di una persona con un discreto anticipo, rispetto ai sintomi respiratori evidenti tipici del Covid19.
“Abbiamo dato una mano a molte imprese, clienti e non, ad implementare sistemi di smart-working e di elearning strutturati”, afferma Davide Benedetti, Presidente di Gedinfo, impresa d’informatica di Piacenza.
“Un piccolo contributo, che però ha permesso alle imprese interessate di poter continuare l’attività, – continua Benedetti – permettendo ai propri dipendenti di lavorare da casa”.
“Inoltre riconoscendo le nostre competenze di sviluppo di applicazioni su mobile, abbiamo avuto richieste di realizzazione di progetti nell’ambito della telemedicina”, conclude Benedetti.
Zenit Formazione di Formigine, nel modenese, non potendo temporaneamente proporre corsi di formazione in modalità frontale, si è organizzata con la formazione a distanza, proponendo anche corsi gratuiti, come ad esempio il webinar dall’inequivocabile titolo “La gestione del rischio biologico-sanitario nel contesto lavoro: emergenza Covid19”.
Marco Gianfranchi, consulente aziendale di Carpi, ha organizzato un webinar dal titolo “Se siamo in guerra, il TWI può aiutarci”.
“Il motivo che mi ha spinto a proporre questa mini serie di incontri – spiega Gianfranchi – va ricercata nell’attuale urgenza industriale che si presenta molto simile a quanto accaduto durante la seconda Guerra Mondiale, ovvero: riconvertire rapidamente sistemi produttivi disponendo di personale inesperto al nuovo lavoro”.
Ovviamente le imprese citate nell’articolo sono solo un piccolo esempio di un’Italia che nel momento del bisogno c’è. Un’Italia silenziosa che sa fare la differenza. Un’Italia che mostra la sua faccia migliore. Un’Italia che ha scoperto di avere un personale sanitario, che come soldati, sta combattendo una guerra faticosa. Soldati che, spesso condotti da ufficiali incompetenti, in molti casi di nomina clientelare, ci stanno dimostrando che ce la faremo. Perché andrà tutto bene.