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Maternità di Mirandola a rischio chiusura: troppo pochi i parti

da | Nov 17, 2014 | In Primo Piano, Mirandola, Approfondimenti | 0 commenti

La Maternità di Mirandola sarebbe a rischio chiusura. La notizia è nell’aria da un po’, soprattutto da quando non c’è più l’osterica diventata primario a Sassuolo.

Ora questa prospettiva è  messa nero su bianco nel dossier preparato dalla Regione Emilia-Romagna dove si parla in totale la chiusura di altri 6 centri maternità in tutta la regione. Modena sarebbe peraltro la provincia più penalizzata, visto che oltre a Mirandola a rischio ci sarebbe anche la Maternità di Pavullo.

Perchè? Il criterio scelto è molto semplice, spiega Repubblica: “Si tratta degli ospedali dove si eseguono meno di 500 parti l’anno: punti nascita che, secondo gli accordi presi tra Stato e Regioni, andrebbero chiusi per ragioni di sicurezza e di risparmio”.

I centri modenesi non hanno pessime performance, ma sotto la soglia richiesta: a Pavullo sono nati lo scorso anno 369 bambini, a Mirandola 400. Quanto meno per Mirandola nel dossier tiene conto del fatto che molte mamme del luogo dopo il terremoto preferiscono ancora partorire fuori, e forse per questa struttura ci si attende un pieno rientro alla normalità.

Il dossier sarà materia del nuovo assessore regionale alla Sanità che sarà designato dopo le elezioni di domenica. “Per nessuna di queste strutture, è bene sottolinearlo, è stata ancora presa una decisione ufficiale né è automatico che la scelta sarà quella di chiudere il punto nascita. Si tratta – chiude Repubblica – di un percorso lungo, che la prossima giunta dovrà affrontare. Tuttavia i tecnici della Regione mettono in evidenza anche dei dati interessanti: questi sette ospedali (più quello di Porretta, che l’anno scorso era ancora conteggiato nelle statistiche), messi assieme, nel 2013 hanno garantito 2mila parti, cioè il 5,4% del totale in regione (37mila). Mentre più di un parto su due, avviene invece in soli sette centri, tra cui il Sant’Orsola (3.565) e il Maggiore di Bologna (3.124) che ne fanno più di tremila all’anno.”

 

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