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Il Fmi e la crisi Greca

da | Lug 8, 2015 | Economia, Editoriale | 0 commenti

Italia – Grecia: 1 a 0

“Sviluppi avimmagine crisi greca1versi in Grecia potrebbero avere un impatto sostanziale sull’Italia con effetti sulla fiducia, ma le esposizioni dirette sono limitate”. È quanto si legge nel rapporto sull’Italia completato dallo staff del Fondo monetario internazionale il 16 giugno scorso.

Nel breve termine, ha aggiunto lo staff del Fondo monetario internazionale (Fmi), guidato da Christine Lagarde, “i rischi di contagio derivanti da sviluppi avversi in Grecia sono visti come limitati. C’è tuttavia più preoccupazione per le implicazioni di lungo termine, se la percezione dell’irreversibilità dell’Area euro dovesse cambiare in modo permanente”.

Secondo le stime del Fmi pare che gli italiani possano dormire sonni tranquilli. Unico appunto sulle dichiarazioni degli economisti del Fmi riguarda la “poca” chiarezza delle dichiarazioni stesse, che assomigliano più alle affermazioni di Peter Sellers nella strabiliante interpretazione di “Change the Gardiner” nel film “Oltre il giardino”; come dire: se non piove significa che c’è bel tempo.

L’economia italiana, continua il rapporto dell’Fmi, “sta emergendo gradualmente da una prolungata recessione” ma “la ripresa è ancora fragile; le prospettive di medio termine sono tenute a freno da colli di bottiglia strutturali, alta disoccupazione, bilanci deboli e un debito pubblico elevato”.

In definitiva, il Fmi, ci dice che se fossimo così bravi da aumentare le entrate dello Stato, ad esempio pagando le tasse, e diminuissimo la spesa corrente, ad esempio diminuendo gli sprechi, allora potremmo senz’altro dire, senza alcuna obiezione, che l’Italia potrebbe trovarsi in una posizione di equilibrio economico/finanziario tale da non temere alcuna conseguenza da eventuali terremoti in eurozona. Non credevo occorresse scomodare Christine Lagarde per arrivare a tale conclusione.

Più Unione e meno Europa ?

Per scongiurare situazioni come quelle che si stanno affrontando in questi mesi con la Grecia, l’unica cosa che forse abbiamo capito, è che occorrerebbe, ed è bene usare il condizionale, più Europa, cioè più Unione Europea. La questione Greca, infatti, non è che la prova del fallimento dell’idea stessa di Unione Europea: o si affrontano i problemi tutti insieme, oppure che ognuno faccia da sé, con le conseguenze che si possono immaginare. In un passato non molto lontano, purtroppo ne abbiamo potuto vivere i devastanti effetti.

L’Unione Europea gestisce le varie vicende che riguardano gli Stati membri con una preoccupante timidezza, come se ci fosse una sostanziale incertezza sul da farsi.

Ne è una prova quanto accade con il “Green Paper” sull’unione dei mercati dei capitali. Una timidissima e insensata serie di principi e poco chiari obiettivi, dai quali si evince solo che i mercati devono lavorare meglio e rendere la finanza più accessibile alle imprese. In definitiva un tentativo di “trattato” basato su nazionalismi con un senso di divisione che ricorda il trattato di Roma di quasi sessant’anni fa.

Va cambiata l’anima politica di questa «Unione»; essa non solo manca di una dimensione europea, ma accetta inerte che la finanza sia padrona, anziché serva, dell’economia.

Gli errori della Merkel

Basti osservare le strategie adottate dalla Germania guidata da Angela Merkel in merito alla questione Greca, per comprendere quanto la cecità e la limitata visione nazionalista, possano far commettere errori gravi.

Sul Corriere della Sera Wolfgang Münchau, editorialista del Financial Times e di Der Spiegel, in breve sintesi consiglia ad Angela Merkel la cancellazione del debito a fronte di riforme rigorose: nessuna misura di risparmio, ma vere e proprie riforme strutturali.

Il Paese potrà restare nell’euro solo se saranno soddisfatte esattamente quattro condizioni, scrive Münchau: il condono dei debiti, un rifinanziamento del sistema bancario, reali riforme strutturali e la fine della politica di austerità. Allora la temuta Grexit si potrebbe scongiurare.

“Uno studio della storia economica avrebbe reso superflua questa tardiva ammissione”, continua Münchau, “le lezioni che si possono trarre dall’economia sono raramente inequivocabili, ma la storia ci insegna senza dubbio che la crisi del debito va risolta rapidamente. Chi arriva tardi viene punito dalle circostanze”. In definitiva, secondo il pensiero di Münchau, la Merkel ha preferito fare prevalere interessi politici a quelli socio-economici, non solo della Grecia, ma anche dei contribuenti tedeschi.

Nel caso di una Grexit la Grecia non rimborserà un solo centesimo dei propri debiti ufficiali, con il rischio per la Germania di una perdita assoluta di 90 miliardi di euro, cui si aggiunge una cifra incalcolabile in termini di danni collaterali.

Parlando di soldi, dal 2010 a oggi l’impegno finanziario per aiutare Atene è stato di 354 miliardi. Secondo le stime del Fmi ne servirebbero altri 60 per un eventuale ulteriore piano di aiuti. Già, che Dio ci aiuti, ma non quello Greco.

 Andrea Lodi (redazione.economia@sulpanaro.net)

 

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