«Ora davvero basta, non è più il tempo di parlare, ma serve agire e farlo in fretta». È il grido di allarme della presidente di Confagricoltura Modena Eugenia Bergamaschi, che nelle ultime ore ha vissuto in prima linea la piena del Secchia e i timori ad essa associate.
«In questi giorni abbiamo vissuto la stessa paura provata il 19 gennaio 2014, le zone colpite dall’alluvione due anni fa e quelle vicine al fiume Secchia sono di nuovo in allerta. Due settimane fa abbiamo denunciato la mancanza di piogge, oggi siamo nella situazione opposta. Dati alla mano, abbiamo vissuto uno degli inverni più siccitosi degli ultimi decenni, ma dal 1° gennaio 2016 ad oggi abbiamo già fronteggiato quattro piene del fiume Secchia. In passato non si era mai verificata una situazione del genere, le case vicine agli argini non sono state mai così tanto a rischio. Questa è la conseguenza di trent’anni di mancanza di dragaggio del fiume, un’assenza di manutenzione che oggi sta presentando un conto salato a cittadini, agricoltori e a tutto un territorio. Il mio non è il lamento di una contadina isolata, – precisa Bergamaschi – ma la denuncia di uno stato di cose che si lega alla sicurezza, all’economia e all’occupazione di tutto un territorio, e che non può più essere accettato. Due importanti gruppi industriali come CNH e Maserati Corse sono stati costretti ad interrompere la produzione a causa dell’allerta meteo: non possiamo rischiare di perdere aziende importanti per l’incapacità di garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro».
La presidente conclude spiegando la necessità di intervenire al più presto sul nodo idraulico: «Bisogna dragare il fiume, abbassare il letto interno e ricominciare a fare una manutenzione continua. In questi anni le politiche sul fiume Secchia sono state inefficaci, è necessario aumentare la casse di espansione a Campogalliano e progettarne anche per il Naviglio. Il nodo idraulico è una questione seria, che oggi mette in allerta i cittadini dell’Area Nord, ma domani potrebbe coinvolgere anche quelli del centro di Modena. Non vogliamo più convivere con la paura, né tornare a vivere nelle palafitte».
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