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Tenebrae Vespertinae, la recensione di Francesco Mandrino

da | Apr 13, 2016 | San Felice sul Panaro | 0 commenti

Si è appena conclusa presso la sala del centro Ricommerciamo la mostra fotografica Tenebrae Vespertinae, di Gottfried Dunkel, aperta al pubblico da venerdì 8 a domenica 10 aprile. Nonostante il nome dagli echi più sassoni che angli, come ci ha informato questa stessa testata, l’autore è emiliano anzi, pare proprio che il suo latte sia stato il Lambrusco.

All’ingresso della mostra una locandina informa il visitatore che le immagini esposte seguono il percorso di un racconto dello stesso autore, racconto non ancora pubblicato e che quindi il visitatore non può aver letto, tuttavia non conoscere i riferimenti fra scritto ed immagini non rende meno fruibile la mostra poiché tanto le singole immagini quanto il percorso che descrivono hanno una vita propria.

Fin dall’ingresso il visitatore viene colpito dalla dicotomia, dalla dualità che scinde drasticamente in due blocchi il materiale esposto. Proseguendo nella visione il fruitore trova, alternate fra loro, immagini solari, luminose, accattivanti, a volte sensuali nella loro velatura flou, fra le quali s’impone il viso dolce e trasognato della modella, una in particolare riassume il senso dell’intero gruppo che appartiene al sogno ed alla luce.

Una divisione netta, quasi a farle apparire come due sezioni distinte, viene a creare un secondo blocco di immagini, nelle quali l’autore, che così bene ci aveva raccontato la luce, ci impone la penombra, fino a rasentare il buio, in cui il fuoco appare perfetto nell’oscurità che ne cela i particolari, dove la crudezza di certe immagini arriva a lambire il macabro, e la sensualità, che pure esiste anche in questo blocco di immagini, appare più come una prurigine, qualcosa che sta fra il peccato e l’assoluzione, tra la condanna e la grazia. Anche qui ad imporsi è il volto di una modella, altra dalla prima, che più si accosta ad un “memento” verso l’ostentazione compiaciuta della bellezza e ad un richiamo alla caducità estrema di un “mori”, ma che mostra nella sua tenebrosità una profondità tanto intensa da poter reggere il paragone con l’elevazione suggerita dalla solarità dell’altra modella.

Pur essendosi già conclusa la mostra, ho scritto questa parte della corrispondenza al presente poiché l’ho pensata mentre la stavo visitando, ed anche un po’ per alludere a quanto può aver perso colui che l’ha perduta.

Non saprei dire cosa chiede di esaudire questa mostra ma a qualcosa aspira di certo, qualcosa mi sembra si aspetti da ogni visitatore, una condanna, una benedizione, uno scongiuro forse, non saprei ma qualcosa si aspetta.

La frequentazione è stata buona, anche grazie al richiamo sul posto costituito dal Magico che si è svolto nel giorno di chiusura della mostra, buona anche la partecipazione, a giudicare dalle firme e dai commenti lasciati sul registro delle visite. Determinante è stata, a mio parere, la presenza dell’autore, e la disponibilità con la quale ha accolto ogni visitatore ed ha risposto alle sue domande.

Francesco Mandrino

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