Benvenuti nell’archivio di sulpanaro.net
Qui sono disponibili tutti gli articoli pubblicati del nostro quotidiano dal 1/1/2015 al 30/6/2020
Tutti gli articoli successivi al 30/6/2020 sono disponibili direttamente sul nostro quotidiano sulpanaro.net

“Cavezzo: lo smantellamento del Centro Commerciale 5.9 non è un fallimento”. Di Antonio Turco

da | Giu 8, 2016 | Cavezzo, Lettere al direttore | 0 commenti

Di Antonio Turco (*)

Di solito mi occupo d’altro e scrivo di argomenti sui quali posso portare un contributo tecnico e professionale con argomentazioni e idee, oppure rappresentare un punto di vista magari minoritario e scomodo. A sessant’anni posso permettermi di farlo. Di solito, appunto. Ma questa volta è diverso. Mi è giunta in questi giorni una mail di un giovane cavezzese, studente universitario, che mi ha molto colpito e fatto riflettere parecchio. Riguarda l’imminente smantellamento del Centro Commerciale 5.9 da effettuarsi entro gennaio 2017 per far posto ai lavori di pavimentazione e sistemazione della piazza centrale del mercato che dureranno circa un anno. Condividiamo insieme l’e-mail:

Oggi voglio raccontarvi una storia: una storia di dolore, perdita, sacrificio e soddisfazione.
Oggi voglio raccontarvi una storia che scorra sulla vostra schiena come un brivido, che riporti la mente a quegli istanti, a quei volti stanchi, ma sorridenti. Oggi voglio raccontarvi una storia svincolata da messaggi politici, critici e retorici.

Era il 2012, l’anno che ha scandito per sempre le nostre esistenze, ed era una caldissima notte di fine estate, a pochi mesi dal giorno in cui la terra tremò per la prima volta. Come d’abitudine, la sera il punto di ritrovo era la piscina di uno dei miei più cari amici, un posto in mezzo al verde in cui si respirano pace e tranquillità, sensazioni così rare in quel lasso di tempo. I discorsi tra noi erano sempre gli stessi:

L’hai sentita quella delle 14.37? Sull’App si dice che era 3.8 di magnitudo proprio qui sotto.

Avete visto che hanno iniziato a demolire il palazzo in centro?

Quella sera accadde un fatto: era mezzanotte e arrivò da noi una persona che, come sempre, veniva a salutarci prima che tornassimo tutti a casa. Nei suoi occhi lucidi, rivelati da una piccola luce del gazebo, percepivo la sete di vendetta nei confronti di quel terremoto che pochi mesi prima le aveva portato via la sua attività commerciale, sita proprio nella piazza del nostro piccolo paese. Ci disse che aveva in mente un progetto, qualcosa di rivoluzionario per Cavezzo, che avrebbe permesso a molti commercianti di ricominciare a lavorare e a molti ragazzi di avere un punto di ritrovo comune per qualche chiacchiera, un gelato o una birra. In quel progetto, in quell’idea, erano rinchiusi sogni, speranze, desideri, voglia di ripartire, di ricominciare a vivere, di tornare a quella normalità che era stata spazzata via pochi mesi prima, in alcune decine di interminabili secondi. Questo progetto aveva un nome: Cavezzo5.9, in ricordo di quella “magnitudo” che ci ha cambiato la vita. Per sempre.

Pochi mesi dopo il sogno divenne realtà: gli sforzi, i sacrifici di decine di persone avevano preso la forma di quello che era diventato un piccolo centro commerciale di container navali riciclati.

Bellissimo, sudato, imponente. Un esempio per tutta l’Italia!

Dall’inaugurazione ad oggi sono passati ormai 3 anni e posso dire a gran voce che ogni volta che percorro quei due gradini di legno che portano nel cuore della struttura, mi assale un senso di gratitudine verso coloro che hanno avuto l’ardire di volgere lo sguardo in avanti, a denti stretti contro la forza incontrollata della natura, le istituzioni e chi ormai aveva perso ogni speranza.
Questo posto ha visto il susseguirsi di ritrovi di intere compagnie, risate, scherzi, infiniti aperitivi sotto il cielo stellato estivo. Cavezzo5.9 ha creato e rafforzato il senso di comunità e ritrovo che al
giorno d’oggi è sempre più raro riscontrare, è diventato un punto di ritrovo, di aggregazione per persone di tutte le età; ha dato, cosa più importante, una speranza al centro di Cavezzo, sempre più desolato e cupo.

E ORA? Entro sei mesi dovrà essere smantellato.

Alla luce di tutto questo, non posso e non voglio credere che tutto questo finisca e rimanga solo il bellissimo ricordo di una comunità che ha trovato la forza di non piangersi addosso”.

Cavezzo ha un tessuto imprenditoriale e associativo importante, vivo, pulsante, attivo, frizzante direi. Ci sono persone che partecipano a diverse attività di volontariato, che suonano, recitano, fanno sport e tanto altro. Gruppi organizzati di cittadini che si interrogano, che mettono su iniziative, si riuniscono e discutono. A molti di noi è capitato di partecipare a queste iniziative, anch’io ho avuto modo di farlo ed ho apprezzato e ascoltato. Tutto questo è vivo, molto vivo.

E in tutto questo c’è il Centro Commerciale 5.9 che da tre anni accoglie diverse attività commerciali: c’è gente meravigliosa in giro, gente che lavora sodo e partecipa e soprattutto persone che, in cambio di un pezzettino di collaborazione, ti danno l’anima. Ecco: l’e-mail ricevuta era scritta con l’anima! Ma a volte il cuore da solo non basta. Il Centro 5.9 è stata una esperienza molto bella e positiva la cui chiusura non deve essere il segno di un “fallimento” per nessuno.

L’amministrazione comunale, come afferma l’Assessore Lodi, sta lavorando per offrire opportunità ed operare per il “Bene Comune”, per rifare la Piazza del Mercato più bella e accogliente di prima, per recuperare il centro storico del paese. Questo significa dare opportunità ai cittadini, agli imprenditori, ai talenti creativi e alle persone di buona volontà. Mischiare la crisi economica del commercio con il ‘degrado’ o i ‘giovani’ è fuorviante e inutile. Bisogna dirlo con forza, anche se i ragionamenti espressi dal giovane cavezzese hanno colpito nel segno.

Così sento il bisogno anche di dire con garbo all’Assessore Lodi che non basta aver fatto il capo scout per diventare esperti di amministrazione pubblica o di comuni seppur piccoli. Non basta leggere qualche report per comunicare una verità confusa o giudicare persone che si conoscono poco e non si frequentano. Certe cose l’amministrazione le sta sicuramente facendo e sono molte se si ha voglia di viverle e di partecipare, ma il punto non è questo. Strana situazione quella che stiamo vivendo ora, quando da una parte ci sono immensi lavori da fare, dall’altra una immensa fame di lavoro e le due necessità complementari non si riescono a mettere insieme. Perchè? Per mancanza di denaro? O per mancanza di capacità e volontà da parte di molti?

E’ proprio in tempo di post terremoto che risuona più vera e più beffarda la frase letta sul retro di un libro che mi ha passato mia figlia (ing. civile): “Dire che uno Stato o un’Amministrazione Pubblica non può perseguire i suoi scopi a causa della burocrazia o per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire una strada per mancanza di chilometri”.

Ancora oggi Cavezzo (e la Bassa Modenese tutta) è un territorio “ribaltato” come “ribaltata” per certi aspetti pare pure l’Italia. Noi però da ribaltati siamo capaci anche di camminare sulle mani a testa in giù, se necessario. Senza falsi ottimismi e senza disfattismi: quelli li lasciamo a chi non ha idee.

E’ una risposta più che modesta la mia, ma sincera e spero di buon senso, con rispetto e gratitudine al giovane cavezzese che mi ha inviato l’e-mail.

(*) Antonio Turco, residente a Cavezzo, Revisore Legale dei Conti e giornalista pubblicista, lavora a Bologna dove è Tesoriere del Consorzio Cooperativo Finanziario per lo Sviluppo s. c. (Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue)

Condividi su: