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I principali fattori di rischio dei mercati finanziari

da | Giu 8, 2016 | Editoriale | 0 commenti

di Andrea Lodi (*)

 

Le analisi di AdviseOnly

AdviseOnly è una organizzazione di giovani professionisti della Finanza e dell’ informatica che si pongono l’obiettivo, non facile, di promuovere l’interazione tra risparmiatori e professionisti.

In un articolo pubblicato sul blog di AdviseOnly, vengono messi in evidenza alcuni fattori “chiave” che influenzano l’andamento dei mercati finanziari nel corso del biennio 2016 – 2017.

Dal punto di vista “borsistico”, il 2016 è iniziato all’insegna della volatilità, con il mercato azionario cinese che sta di fatto affossando le principali Borse del pianeta (a causa soprattutto di una forte svalutazione dello yuan), con la conseguente necessità di rivedere al ribasso le stime di una possibile crescita mondiale.

I ragazzi di AdviseOnly, hanno riportato le loro analisi sui principali fattori di rischio in un grafico: sull’asse delle ascisse è indicata la probabilità (valutata qualitativamente) che il singolo evento si verifichi, mentre sull’asse delle ordinate è riportato l’impatto che potrebbe avere sui mercati finanziari globali.

“Non si tratta di probabilità assolute – commentano da AdviseOnly – ma di mettere in relazione singoli eventi con se stessi: in altre parole nel grafico viene rappresentato cosa si ritiene sia più probabile e più di impatto sui mercati rispetto all’insieme dei rischi menzionati”.

Si tratta di scenari possibili, sulla base di situazioni e fenomeni che stanno interessando ed influenzando i mercati globali.

Grafico fattori rischio

Ma quali sono questi fattori di rischio?

La Fed non riesce a contenere la volatilità dei mercati

Dopo cinque anni di politica monetaria aggressiva, la Fed è la prima banca centrale ad avviarsi verso un lungo processo di normalizzazione dei tassi d’interesse. L’incapacità, dimostrata spesso dalle banche centrali, nel tenere sotto controllo le aspettative degli investitori, potrebbe portare ad un aumento dei tassi improvviso con ripercussioni sui mercati obbligazionari internazionali e quindi sui portafogli degli investitori.

L’aumento del prezzo del petrolio a 100 dollari

La lenta ripresa che si registra in alcuni mercati, è anche dovuta al crollo del prezzo del petrolio. Qualora l’Opec, a fronte di un aumento della domanda, o più probabile ad una diminuzione dell’offerta, dovesse aumentare significativamente il prezzo del petrolio, andremmo incontro ad una ulteriore fase di recessione globale.

Crisi dei Paesi Emergenti

Due terzi della crescita mondiale interessa i cosiddetti Paesi Emergenti, i quali, a causa dell’apprezzamento del U$A e del crollo dei prezzi delle materie prime, rischiano, secondo le stime del FMI, un forte rallentamento nonché un rischio recessione, con forti conseguenze sulla stabilità finanziaria mondiale.

Escalation dei conflitti geopolitici

La questione libica, la lotta al terrorismo, le recenti tensioni tra Russia e Turchia, l’irrisolto conflitto tra Israele e il mondo arabo e l’arroganza della Corea del Nord, hanno forti ripercussioni sui mercati finanziari, anche se per il momento sembrano limitate.

Il default di società energetiche

Il crollo delle materie prime non si è limitato a creare difficoltà ai Paesi emergenti, ma ha penalizzato il settore energetico, che ha un peso non trascurabile sia sugli indici azionari che su quelli obbligazionari, oltre che su occupazione e investimenti aziendali. Il default di qualche importante società potrebbe generare il panico, con eventuali effetti a catena.

La scommessa dell’Abenomics fallisce

Dal 2013 il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha attuato una serie di iniziative macroeconomiche allo scopo di sollevare il Giappone da una decennale depressione economica. Iniziative che prendono il nome di Abenomics, e che allo stato attuale sta dando risposte positive in termini economici nel breve periodo, ma sta creando una situazione di fragilità in termini sociali. Con il debito pubblico più alto del mondo (pari al 230% del PIL), prima o poi le riforme strutturali devono dare i loro frutti, altrimenti il Paese potrebbe rischiare di perdere la fiducia dei mercati.

Grexit, Brexit e fragilità economica/politica della zona euro

In Europa soffia un vento di sfiducia nei confronti della moneta unica e del progetto stesso di Europa unita. La campagna pro Brexit si sta intensificando. L’uscita del Regno Unito dall’Unione sarebbe un duro colpo per l’intero progetto europeo. Nonostante i rendimenti obbligazionari ai minimi storici, la zona euro rimane fragile e più sensibile di altri Paesi sviluppati ai cambi d’umore del mercato.

Conclusioni

Da un “piccolo” sondaggio realizzato sul sito di AdviseOnly, si evince che il 44% delle persone ritiene che il principale fattore di rischio per i mercati nel 2016 sia rappresentato dall’”escalation dei rischi geopolitici”, seguito dal 40% di chi ritiene che sia la “fragilità politica/economica della zona euro” e dal 28% che punta sulla “crescita dei Paesi Emergenti”.

Lo scenario dei rischi è tutt’altro che roseo. Molto dipende dalle scelte che verranno fatte dai vari governi nei prossimi mesi. Scelte che non devono vedere come protagonista soltanto la parola “crescita”, ma che deve anche dare largo spazio ad una ridefinizione del modello economico/sociale, soprattutto alla voce “speculazione”. Occorre che tutti facciano un passo indietro. Occorre ridefinire gli scenari futuri. Occorre ridare fiducia ai mercati, nella speranza che non si arrivi ai livelli del Giappone, dove si va in pensione a 70 anni, pare, con il 35% dell’ultimo stipendio (ma su questo ultimo punto il dato è da verificare).

 

(*) Andrea Lodi, vive a San Prospero (MO), è aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Giornalista economico, da gennaio 2009 cura “Economix“, la rubrica economica di PiacenzaSera.it; da settembre 2014 collabora con SulPanaro.net.

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