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Luca Lombroso: «Si rischia un clima invivibile»

da | Set 19, 2016 | Senza categoria | 0 commenti

Luca Lombroso, esperto di clima: le nostri estate sembrano sempre più calde, è davvero così?
«Si, l’aumento delle temperature estive e dell’intensità e durata delle ondate di calore è uno dei dati di fatto più evidenti, che dipendono dal processo di riscaldamento globale e dei conseguenti cambiamenti climatici. Già oggi reputiamo fresche estati o periodi, come la prima parte di giugno 2016, che fino agli anni ‘80 e ‘90 consideravamo caldi o quanto meno normali. Questo da un lato è una forma di adattamento che può essere positiva, ma a lungo andare ci espone al rischio della famosa parabola della rana bollita, perché un domani, dicono le proiezioni e gli scenari climatici, potremmo chiamare fresco quello che oggi consideriamo il caldo più incallito. All’adattamento però ci sono dei limiti. In poche parole, se non si agisce per contenere le emissioni di gas serra e rispettare l’accordo di Parigi sul clima, rischiamo, nella seconda metà di questo secolo, di avere un clima invivibile in Pianura Padana, simile a quello della fascia subsahariana, con caldo estremo interrotto da piogge violente».
E che dire degli inverni, che paiono sempre più rigidi?
«Qui invece devo smentire la sensazione: anche gli inverni stanno diventando sempre più miti, anche se può pur sempre fare freddo e nevicare. Anzi, un effetto indiretto del ritiro dei ghiacci artici marini pare che sia proprio, per una complessa retroazione (feedback in gergo tecnico), l’aumento di probabilità di irruzioni di aria fredda e nevicate intense, ma nel quadro di un clima comunque più caldo. Lo scorso inverno, 2015/16, la neve praticamente è stata assente, e le temperature molto più miti di quello che era in passato. Due anni fa, 2014/15, nel quadro di un inverno comunque non freddo arrivò l’intensa nevicata del 6 febbraio 2015, che diede non pochi problemi. Ecco perché dobbiamo imparare a convivere ad aumentare la resilienza da questo tipo di eventi».
Fanno paura i fenomeni estremi come le grandinate che distruggono le coltivazioni, ma sono fisiologici o eccezionali?
«Dipende dai casi, e non sempre è facile dirlo. Da un lato, la nostra società è più vulnerabile ai fenomeni intensi, in pratica ci sono più cose da danneggiare o da distruggere, e hanno sempre più valore economico, soprattutto per chi, a fatica, le ha create o costruite. Dall’altro, ci sono segnali che i fenomeni meteorologici intensi sono in aumento sia di frequenza che di intensità. Di per se, è bene ricordarlo, il singolo fenomeno non può essere attribuito ai cambiamenti climatici, ma la domanda andrebbe capovolta, ovvero possono i cambiamenti climatici aumentare la frequenza di fenomeni meteo intensi o dannosi? La risposta è sì. E qui si entra in un nuovo problema, che la Bassa ha vissuto purtroppo in primis, sia col terremoto che con le alluvioni, i tornado e le grandinate. Quel che valeva per il passato non vale più già oggi, e ancor meno varrà in futuro.
In poche parole: la sicurezza del territorio cambia più velocemente delle normative, così non è detto che sia sufficiente, per esempio, una concessione edilizia per considerare un luogo dove si vive, si lavora o si vuole costruire sicuro».
Da gennaio a giugno abbiamo avuto nella nostra regione 71 allerte della protezione civile legate al tempo, una ogni 3 giorni. Come valuta questa situazione?
«Tema complesso, comprendo il disorientamento. Troppe allerte meteo rischiano di portare il famoso paradosso di gridare al lupo e poi il lupo non c’è, o quando arriva non ci si crede. D’altronde, il ripetersi di situazioni meteo estreme è un dato oggettivo, e non sempre queste si sfogano su territori vasti, in particolare per i temporali estivi. Inoltre la nostra società è sempre più impreparata, viviamo per così dire “ovattati” in climi artificiali dentro gli edifici, e appena le condizioni esterne eccedono dalla norma il cittadino così come il pubblico amministratore ha il bisogno, o addirittura pretende, di essere avvisato. Infine non ultimi gli aspetti giudiziari e le immancabili polemiche quando succede qualcosa sul fatto che ci sia o meno un allerta. Ciò nonostante in epoca di cambiamenti climatici gli allerta sono uno strumento di adattamento e resilienza molto importante, citati anche nell’accordo di Parigi sul clima.
Ecco perché un allerta meteo non va, comunque, mai sottovalutato. Credo sia opportuno quindi lavorare insieme, cittadini, comunità, associazioni, media, pubbliche amministrazioni e protezione civile per migliorare la preparazione della popolazione e la comprensione degli allerta, per vari motivi scritti in linguaggi tecnici, per addetti ai lavori».
Nel linguaggio comune sono entrati termini come “bomba d’acqua”. Non c’è forse una tendenza a esagerare nell’uso dei termini e nell’informazione sul meteo?
«La bomba d’acqua è la madre di tutte le #meteobufale! Non esiste: si chiama, semplicemente, nubifragio. Su questo la comunità dei professionisti della meteorologia sta facendo una campagna comunicativa da tempo, così come sui nomi strampalati di anticicloni e perturbazioni. Purtroppo alcuni siti meteo commerciali, spesso non gestiti da meteorologi con adeguata competenza e professionalità, con questi termini e col clamore hanno creato confusione. Ora si sta cercando di porre rimedio e devo dire che alcuni risultati si vedono. Per la nostra regione ricordo di seguire le previsioni istituzionali di ARPA Emilia Romagna, www.arpae.emr.it/sim e dell’Associazione Emilia Romagna Meteo (Asmer) www.emiliaromagnameteo.com»
Nel suo ultimo libro (Ciao fossili, edizioni Artestampa ) cita Barack Obama: “Noi siamo la prima generazione a subire l’impatto del cambiamento climatico e l’ultima a poter fare qualcosa”. Nel nostro piccolo noi cosa potremmo fare?
«Nel nostro piccolo poco, largamente insufficiente ma comunque importante. D’altronde i potenti e la politica arrivano tardi e in modo riduttivo, vedi l’accordo di Parigi, alla COP 21, che comunque è un segnale importante e che coinvolge molto anche il livello subnazionale (regioni, città, comunità e imprese). Dunque, cominciamo col fare cose utili ed evitare le cose dannose. Le cose utili sono efficienza energetica e fonti di energia rinnovabile diffuse a tappeto, le cose dannose… penso che lo capiate subito. I cittadini vogliono vedere comportamenti coerenti dalla politica e i cittadini devono essere consapevoli che vivere così come si è vissuto sinora non potrebbe dare un futuro alle giovani generazioni. Per questo dobbiamo dire più in fretta possibile “ciao, fossili”».

Articolo originariamente uscito sul numero 3 della rivista SulPanaro.net

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